PIGNORAMENTO PRESSO LA BANCA O PRESSO IL DATORE DI LAVORO: COME DIFENDERSI DA AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE

27.04.2020

Per iniziare a parlare di questo argomento è opportuno, innanzitutto, sfatare il falso mito secondo cui Agenzia delle Entrate Riscossione (AdER) può pignorare i soldi dal nostro conto direttamente e senza alcun preavviso. In realtà le cose non stanno proprio così.

È vero che l'AdER può chiedere alla nostra banca (o al nostro datore di lavoro) il pagamento diretto (cioè senza autorizzazione del giudice) delle somme di denaro entro il termine di 60 giorni: questa procedura è prevista dall'art. 72 bis D.P.R. 602/73 già dal 2013.

Non è vero, invece, che ciò possa avvenire senza alcun preavviso: innanzitutto le somme di denaro vengono pignorate soltanto dopo che ci è stata notificata una cartella di pagamento (o un avviso di addebito dell'INPS, o un avviso di accertamento esecutivo, o un'intimazione di pagamento); in secondo luogo va considerato che la stessa richiesta di pagamento diretto che l'AdER invia alla banca o al datore di lavoro (l'atto di pignoramento) viene inviata anche al debitore.

Indichiamo adesso alcuni dei possibili motivi per presentare ricorso contro la procedura di pignoramento diretto.

1) Pignoramento iniziato prima dei 60 giorni dal ricevimento della cartella di pagamento. Nella cartella esattoriale è espressamente contenuto l'invito a pagare entro 60 giorni; prima di tale termine l'AdER non può attivare nessuna procedura esecutiva, altrimenti commetterebbe una violazione dell'art. 50 D.P.R 602/73 ed il contribuente potrebbe presentare ricorso per chiedere l'annullamento del pignoramento.

2) Pignoramento iniziato dopo più di un anno dal ricevimento della cartella di pagamento. Dopo la notifica della cartella, l'ex Equitalia ha solamente un anno di tempo per intraprendere l'esecuzione forzata; decorso tale termine il pignoramento non può più essere effettuato se prima non viene inviata al contribuente un'intimazione di pagamento.

3) Pignoramento iniziato prima dei 5 giorni dal ricevimento dell'intimazione di pagamento. L'intimazione di pagamento deve concedere al contribuente almeno 5 giorni di tempo per pagare; pertanto (analogamente a quanto detto per il punto 1) il pignoramento iniziato prima del quinto giorno è nullo.

4) Pignoramento iniziato dopo più di un anno dal ricevimento dell'intimazione di pagamento. Anche dopo la notifica dell'intimazione di pagamento, il contribuente non rimane esposto a tempo indeterminato al rischio di un'esecuzione forzata, in quanto l'AdER ha un anno di tempo per effettuare il pignoramento; decorso tale termine il pignoramento non può essere effettuato se prima non viene inviato un ulteriore sollecito di pagamento.

5) Pignoramento su cartella di pagamento non regolarmente notificata. Affinché il pignoramento sia valido è necessario che sia sempre preceduto da una cartella di pagamento (o da un avviso di addebito INPS o da un avviso di accertamento); pertanto se la cartella esattoriale non è stata regolarmente notificata, il pignoramento è nullo in quanto viene meno il suo presupposto.

6) Prescrizione. Altra motivo di nullità si ha quando il pignoramento si riferisce a debiti ormai andati in prescrizione. Attenzione però: è necessario che la prescrizione sia maturata dopo la notifica della cartella di pagamento, e non prima (in questo caso il ricorso sarebbe tardivo perché avrebbe dovuto essere presentato entro i termini di legge contro la cartella di pagamento e non contro il pignoramento).

7) Mancata indicazione del dettaglio dei crediti. L'atto di pignoramento non può limitarsi a contenere la semplice indicazione degli importi da pagare, ma deve contenere l'indicazione precisa delle cartelle (o degli altri atti) poste alla base del pignoramento; in caso contrario se ne può chiedere l'annullamento per carenza dei requisiti di certezza e liquidità del credito azionato.

Per concludere, è opportuno precisare che i motivi di nullità del pignoramento, per quanto evidenti possano apparire, non operano mai in automatico, ma è sempre necessario presentare ricorso al giudice competente. In proposito si ricorda che i termini per proporre ricorso variano a seconda del giudice e dei motivi che si intendono far valere (in alcuni casi il termine è di soli 20 giorni); è opportuno, pertanto, attivarsi immediatamente per evitare che il ricorso sia tardivo e per bloccare il pignoramento al più presto.

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